Una politica per assecondare la bellezza della Realtà

“Non viviamo un’epoca di cambiamento quanto un cambiamento d’epoca” ha affermato Papa Francesco nel V Convegno Ecclesiale Nazionale a Firenze (novembre 2015), e tanto è effettivamente cambiato in pochi decenni.

In effetti i riferimenti culturali e politici sui quali sono nate e cresciute le democrazie occidentali sembrano oggi stravolti, sterilizzati, sradicati, disconosciuti o addirittura esplicitamente (e orgogliosamente!) rinnegati.

Al punto che, si sostiene, non c’è più ormai bisogno e comunque possibilità di parlare di destra o sinistra, se non per imbastire aridi teatrini mediatici strumentali o semplicistici.

Noi crediamo, invece, che fare politica significhi e presupponga, ancora oggi, schierarsi. “Destra” e “sinistra” non sono orientamenti desueti e inutili, ma da tornare a riempire nuovamente, se non altro per imporre ciascuno di noi a considerare e dichiarare la visione di persona, di società e di Storia da cui è ispirato.

Come tornare a farlo? Innanzitutto, non accontentandosi dell’esistente o aspettando che qualche fantomatico “messia” prenda l’iniziativa, ma cominciando a costruire una nuova strada politica, una nuova casa comune.

Costruire non è mai facile, ma nessuna verifica può esimersi dal passaggio obbligato attraverso la via dei coraggiosi e temerari tentativi.

Siamo convinti che una delle principali “emergenze antropologiche” attenga alla fondamentale dimensione dell’educazione, ma siamo anche stanchi di una trita e sterile sottolineatura di questa evidenza che appare ormai una predica di circostanza.

Parlare di educazione presuppone una chiarezza fondamentale sulla visione di persona, di società e di Storia da cui si è ispirati.

Nella nostra epoca le grandi domande sul senso dell’esistenza – chi siamo e “perché” siamo – sono state cestinate non per l’impossibilità di rispondere, ma per la paura, per l’orrore, che una risposta vera esista. Si è ritenuto più conveniente preconfezionare un corollario di risposte “politicamente corrette” che consentano un (apparente) quieto vivere. Con la conseguenza che il vivere, tutt’altro che quieto, prosegue più agitato e caotico che mai.

La complessità, la serietà e l’esigenza della realtà ha invece diritto ai suoi spazi, perché essa ha un senso e abbiamo sperimentato il gusto di affrontarla di petto per cercarlo e trovare, nel suo senso, il nostro.

Questa è il primo fondamento del nostro tentativo, che già traccia una rotta chiara.

Per chi si sente parte di un senso – un significato – la realtà merita di essere osservata, contemplata, tutelata, compresa, rispettata.

Chi invece ritiene che un senso superiore ed oggettivo della realtà non esista, è preso dalla tragica necessità di conferirglielo tramite interventi ideologici spesso brutali, che si riducono, in ultima istanza e al costo di sacrifici enormi, nel desiderio di conformare la realtà ai propri schemi, desideri, istinti. Quando la realtà, col suo proprio senso oggettivo, con la sua propria “vocazione”, mostra i limiti di tale tentativo, è allora che l’uomo è capace di tentare l’impossibile pur di non arrendersi all’amara evidenza della sua non onnipotenza.